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Il bullismo a scuola

Aggiornamento: 24 ott 2019


È iniziato un nuovo anno scolastico e per migliaia di studenti italiani inizia una nuova avventura, a volte con entusiasmo, altre con ansia, altre ancora con paura.

Negli ultimi anni in concomitanza con l’inizio di questa avventura, si leggono sui giornali, vediamo in TV e sui social notizie che riguardano il bullismo.

Ma che cos’è il bullismo?

Il bullismo è una forma di comportamento sociale di tipo violento e intenzionale, che può manifestarsi in forme diverse. Con l’avvento di internet, la più recente manifestazione del bullismo è il Cyberbullismo.

Il bullismo è una forma di comportamento aggressivo basato su uno squilibrio di potere tra due o più persone; il più debole subisce il comportamento aggressivo del più forte in modo ripetuto nel tempo. Si tratta di una relazione caratterizzata da continue aggressioni e da un’asimmetria di potere, con effetti potenzialmente negativi per le vittime.

Teatro di atti di bullismo è spesso la scuola: uno studente è vittima di bullismo quando subisce in modo ripetuto nel tempo, azioni offensive volontarie da parte di uno o più compagni (Olweus D., 2007).

Le azioni offensive sono di diverso tipo, come quelle verbali e fisiche. Ci sono poi le azioni più subdole, come quelle in cui il bullo esclude intenzionalmente o fa in modo che gli altri escludano il compagno designato, in questi casi si parla di bullismo Indiretto (Menesini, Nocentini, Palladino, 2017).

l bullo può agire da solo o in gruppo, così come vittima di bullismo può essere un singolo oppure un gruppo.

Anche se il bullismo riguarda sia maschi che femmine, tra i due sessi si esprime in modo diverso: tra i maschi prevale il bullismo diretto, mentre tra le femmine prevale il bullismo indiretto; inoltre i maschi individuano le loro vittime sia tra altri maschi che tra le femmine, invece le femmine rivolgono atti di bullismo prevalentemente verso altre femmine.

Esistono diverse forme di bullismo, come ad esempio quello fisico, verbale, psicologico, sociale. Ci soffermeremo sul Cyberbullismo, che è la più recente manifestazione del bullismo.


IL CYBERBULLISMO

Nel Cyberbullismo le azioni di prevaricazione e prepotenza vengono agite con l’uso del telefono e della rete internet, come sms, email, chat, social network.

Questi nuovi strumenti tecnologici consentono ai bulli di godere della protezione dell’anonimato, grazie ad account falsi, e agiscono in questo modo anche come deresponsabilizzanti, in quanto non si è esposti in prima persona, ma si agisce “dietro” una tastiera, schermati da un computer che non richiede un’azione diretta, anzi ne posticipa anche gli effetti; il bullo sa che sarà difficile scoprire il responsabile dei suoi gesti e quindi si sente meno vulnerabile e meno esposto a sanzioni e punizioni.

La vittima, invece, si sente più vulnerabile in quanto si sente esposta ad una violenza che ha caratteristiche indefinite: la vittima non ha la possibilità di capire chi è realmente il bullo, se si tratta di un individuo che agisce da solo o di più persone; non ha il minimo controllo della situazione, in quanto se nel bullismo diretto potrebbe anche evitare di trovarsi in determinate situazioni che la espongono maggiormente ai bulli, con il cyberbullismo non è possibile tentare di sottrarsi in alcun modo al rischio di esposizione.


I PROTAGONISTI DEL BULLISMO

Abbiamo definito il bullismo come una relazione asimmetrica tra due attori, il bullo e la vittima.

Bullo e vittima hanno caratteristiche psicologiche e sociali radicalmente differenti.

Il bullo di solito è una persona aggressiva, irritabile; ha un livello alto di autostima e non riesce a percepire negativamente le proprie azioni; è indifferente alle sofferenze che le sue azioni provocano nella vittima, manifesta quindi scarsa empatia; è fisicamente più forte della sua vittima, in generale più forte della media.

La vittima generalmente ha una bassa propensione alla violenza, è fisicamente meno forte del bullo, spesso scolasticamente al di sopra della norma, sensibile; tale sensibilità unita all’atteggiamento prudente caratteristico sempre della vittima, rendono difficile l’autoaffermazione del soggetto rendendolo bersaglio dei bulli.

Un altro dato interessante rilevato da Olweus riguarda le relazioni infantili: le vittime, in alcuni casi, hanno avuto rapporti intimi e positivi più con i genitori (in particolare la madre) che con i coetanei.

Alcuni autori propongono anche altri ruoli individuabili nelle dinamiche di bullismo:

- L’aiutante del bullo

- Il sostenitore del bullo

- Il difensore della vittima

- L’indifferente.

Chi circonda il bullo ha un ruolo fondamentale nel sostenere il suo ruolo ed accrescere il suo potere, o al contrario nel disconfermarlo; il bullo si sente confermato e rafforzato dall’attenzione di chi lo sostiene piuttosto che indebolito dalla mancata opposizione della maggioranza che assiste in silenzio ai suoi soprusi.

Chi assiste in silenzio, senza denunciare e senza opporsi, in qualche modo si rende sostenitore e complice del bullo, perché fa in modo di confermare le sue azioni e di indurre il bullo ad agire nuovamente.


I FATTORI DI RISCHIO

Tra i fattori di rischio psicosociali legato al bullismo bisogna considerare le caratteristiche ambientali e personali; in particolare, le ricerche portano a individuare quattro gruppi di fattori di rischio tra i più evidenti:

- I fattori di rischio riconducibili al contesto familiare;

- I fattori di rischio nell’ambiente scolastico;

- I fattori di rischio riguardanti le caratteristiche individuali;

- I fattori di rischio di ordine socio-ambientale.

Esistono , inoltre, fattori di rischio specifici, come:

- La figura di attaccamento che nei primi anni di vita ha atteggiamento caratterizzato da mancanza di calore e di coinvolgimento emotivo.

- I modelli genitoriali basati sulla coercizione e sottomissione dell’altro, che promuovono atteggiamenti di prevaricazione, umiliazione e de-umanizzazione dell’altro.

- L'aver subito punizioni e violenze fisiche come strumento di repressione e controllo o come costrizione a rispettare le regole imposte in famiglia.

- L’eccessiva permissività: assenza di regole chiare nel proprio nucleo familiare, ed eccessiva permissività o approvazione dell’aggressività verso coetanei e fratelli.

- L’appartenenza ad un gruppo in cui viene a mancare il controllo e l’inibizione di condotte negative, favorendo la comparsa di diffusione di responsabilità e conseguente deresponsabilizzazione del singolo.

- L’appartenenza ad un gruppo che considera l’aggressione fisica socialmente accettabile, utilizzata per acquisire popolarità; il rischio ulteriore è la generalizzazione dello stesso pattern comportamentale ad altri contesti.

- Il vivere in condizioni di emarginazione sociale, trascuratezza e abbandono.

Le ricerche volte ad individuare le cause alla base del comportamento del bullo hanno individuato elementi ricorrenti, in particolare su due versanti: ambito motivazionale e disagio psicoevolutivo.

Si è evidenziato come il bullo faccia leva sul timore che incute nella vittima, tenendola in una condizione di paura con sguardi, atteggiamenti, comunicazioni non verbali in genere che fanno in modo di ricordare continuamente alla vittima cosa potrebbe accadergli.

Il bullo è popolare nel gruppo, di solito è fisicamente più grande e più forte rispetto ai coetanei; ha un’autostima esagerata, rafforzata anche dalle conferme ottenute nel gruppo.

La vittima ha una scarsa autostima, è remissiva, poco sicura di sé, ansiosa, ha un ruolo marginale nel gruppo.

Alcune ricerche hanno studiato le difficoltà emotive rintracciabili nei comportamenti dei bulli: i bulli hanno una scarsa empatia, una scarsa capacità di immedesimarsi nell’altro e uno stato elevato di congelamento del vissuto emotivo; quando compiono azioni di prepotenza e violenza non provano emozioni. I bulli hanno difficoltà nell’elaborazione di emozioni di colpa, vergogna (Menesini, Fonzi, Sanchez, 2002).

Altre ricerche hanno rilevato che all’origine del bullismo possa esserci una notevole capacità psicologica di manipolazione e controllo dell’altro, al fine di metterlo in difficoltà e fare emergere in questo modo se stessi; in questo modo il bullo riesce a mantenere lo status di leader del gruppo.

Le ricerche sulle variabili psicologiche alla base del bullismo fanno emergere che il fenomeno possa essere l’espressione di un disagio psicoevolutivo, un problema molto più profondo della manifestazione comportamentale stessa, che determina una difficoltà a svilupparsi come individuo in mezzo ad altri.

Il bullo manifesta con i suoi comportamenti una grave ed ingestibile conflittualità interna: mostra dunque una scarsa resilienza nei confronti delle situazioni spiacevoli vissute in età infantile. L’insorgenza sarebbe rintracciabile nello stile di attaccamento insicuro con la figura di attaccamento primaria.

I comportamenti aggressivi sarebbero la conseguenza possibile di una relazione di attaccamento primaria insicura-disorganizzata, ovvero caratterizzata da incoerenza, instabilità, cambiamenti repentini tra situazioni di sicurezza e insicurezza per il bambino, da comportamento evitante e ostile.

L’insicurezza, la bassa autostima, l’iper-sensibilità tipiche delle vittime sono letti come possibile conseguenza di una relazione di attaccamento primaria insicuro-resistente, ovvero una relazione ansiosa e protettiva che favorirebbe nel bambino/ragazzo scarsa autostima e insicurezza.


IL BULLISMO A SCUOLA E IL DISAGIO SOCIO-RELAZIONALE

Il Bullismo per manifestarsi ha bisogno di un gruppo; in tal senso la scuola costituisce terreno fertile per questo fenomeno.

Craig e Pepler (1997) rilevano che ben l’85% degli atti di bullismo avviene in presenza di coetanei. Ii diversi membri del gruppo possono assumere ruoli diversi, infatti, sebbene gli attori principali del bullismo siano il bullo e la vittima, altrettanto importanti sono gli altri ruoli, in particolare i sostenitori del bullo, i sostenitori della vittima, gli osservatori.

Fondamentali in ogni gruppo e, facendo riferimento al contesto scolastico, nel gruppo-classe sono le dinamiche di inclusione e di esclusione: proprio per timore di essere escluso, rifiutato, il bullo isola egli stesso un compagno; in questo modo esorcizza la sua paura rendendo vittima un altro compagno della sua stessa paura. E’ proprio il gruppo che favorisce la creazione e l’affermarsi dei diversi ruoli di bulli e vittime al suo interno: da una parte si attua un processo di mitizzazione del bullo, oggetto della simpatia dei più; dall’altra si vive come fastidiosa la sofferenza e la fragilità della vittima, spesso perché rievoca le insicurezze personali.

Nel gruppo si verifica anche una riduzione della responsabilità individuale, tale per cui anche gli studenti non aggressivi possono partecipare ad episodi di bullismo: maggiore sarà il numero di persone coinvolte, minore sarà il senso di colpa di ciascuno.

Un altro meccanismo nel gruppo dei pari che favorisce l’insorgenza di atti di bullismo, è l’indebolirsi del controllo e dell’inibizione nei confronti delle tendenze aggressive.

Nel gruppo-classe si rileva inoltre la tendenza ad instaurare rapporti interpersonali tra compagni che hanno “ruoli simili”: i soggetti aggressivi tendono a legare rapporti di amicizia con soggetti altrettanto aggressivi; si crea dunque un sottogruppo che può creare una condizione di popolarità all’interno del gruppo dei pari e inoltre fornisce un ulteriore supporto nelle azioni di prepotenza e violenza.

Viceversa, le vittime tendono a scegliere le proprie amicizie tra chi può condividere lo stesso ruolo.

Il bullismo ha conseguenze negative in tutti gli attori coinvolti, che siano i protagonisti o i più marginali.

Gli studenti vittime di bullismo abbiano spesso difficoltà di concentrazione a causa dell’ansia derivante dalle prevaricazioni vissute; sono comuni anche i disturbi del sonno e altri sintomi legati allo stress.

Ci sono conseguenze negative anche sul rendimento scolastico, sull’autostima e un rischio maggiore di depressione, anche dopo la cessazione delle violenze.

In casi estremi si registra l’incitazione al suicidio.


IL RUOLO DELLA SCUOLA

Con l’aumento dei casi di disagio tra i ragazzi, sia a scuola sia al di fuori del contesto scolastico, la scuola si fa carico sempre di più dell’educazione di tutte le competenze relazionali che saranno necessarie per relazionarsi positivamente nella società.

Gli atti di bullismo non vanno soltanto gestiti, ma occorre un intervento finalizzato alla prevenzione, alla sensibilizzazione non solo dei ragazzi, ma della scuola stessa, delle famiglie e dell’intera società: si tratta di un lavoro da fare fin dai primi anni di scolarizzazione.

Gli interventi di sensibilizzazione e prevenzione devono essere volti in primo luogo a sviluppare una partecipazione culturale negli studenti, promuovendo una partecipazione attiva degli studenti, valorizzando le potenzialità e le risorse di ciascuno.

La presenza di atti di bullismo a scuola risulta correlata con il clima e la dinamica interna del gruppo stesso, di conseguenza gli interventi devono agire sul sistema e non sui singoli, ovvero sul gruppo classe e sul sistema scolastico nel suo complesso.

E’ dunque possibile trovare soluzioni efficaci al fenomeno bullismo mettendo in atto interventi che coinvolgano la società tutta: la scuola nel personale scolastico e ausiliario, gli studenti, le famiglie e le agenzie educative del territorio.

Si rende sempre più necessaria un’educazione ai sentimenti e alla convivenza, che deve iniziare in famiglia per essere poi perseguita anche a scuola. L’educazione emotiva, l’educazione ai sentimenti è finalizzata allo sviluppo e alla crescita dell’intelligenza emotiva, intelligenza sociale. Un bambino che parla, si confronta, riflette fin da piccolo con i suoi genitori su emozioni, sentimenti, stati d’animo legati ad eventi, situazioni, giornate, sarà un ragazzo ed un adulto capace di provare e riconoscere emozioni e sentimenti in se stesso e negli altri; è la base dell’empatia, la capacità di riconoscere, rispettare le emozioni altrui.


BIBLIOGRAFIA

- Craig, W., Pepler, D. (1997), Observations of Bullying and Victimization in the Schoolyard, in «Canadian Journal of School Psychology», 2, pp. 41-60.

- Menesini E., Nocentini A., Palladino B.E., Prevenire e contrastare il bullismo e il cyberbullismo, Il Mulino 2017.

- Olweus D., Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, Giunti Editore 2007.





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